Il Tribunato si è riunito domenica 19 marzo a Villa Silvia, storica dimora gentilizia frequentata da Giosuè Carducci durante le sue visite in Romagna e sede di un interessantissimo museo di strumenti musicali meccanici, per ufficializzare l’assegnazione del premio letterario Serantini. Il Primo Tribuno, Giordano Zinzani, ha aperto l’evento raccontando, per informazione degli ospiti, la storia del Tribunato e delineandone gli intenti statutari. È poi passato al tema primario della giornata, il premio Serantini, del quale ha ricordato le origini ed ha citato gli autori e le relative opere vincitrici delle varie edizioni.
Zinzani: “Francesco Serantini, Tribuno, ha partecipato alla costituzione del Tribunato di Romagna, avvocato, giornalista e scrittore, era nato a Castel Bolognese il 24 settembre 1889 e morto a Faenza l’11 maggio 1978, ha raccontato vicende e personaggi della tradizione romagnola, esprimendone l’ethos culturale con una grande capacità interpretativa. Scrisse diversi romanzi e racconti, sempre caratterizzati da un profondo senso di appartenenza, da una notevole preparazione culturale in campo storico-umanistico. Non mancano i richiami al linguaggio dialettale. Tutto questo lo rende un interprete e un divulgatore della cultura romagnola. Il “Concorso Serantini” per un romanzo inedito di ambiente romagnolo, giunto alla XVII edizione, nasce nel 1989 quando Alteo Dolcini riferisce dell’incarico ricevuto e dell’intento di Marino, Tribuno e figlio di Francesco, di sostenere economicamente il concorso”.
Antonio Castronuovo, saggista e critico letterario, assente a Villa Silvia per impegni professionali, ha fatto pervenire una sua “fotografia” di “Serantini umanista di Romagna”, che è stata letta dal Tribuno Paolo Morelli. Eccone una sintesi: “Francesco Serantini nacque a Castel Bolognese nel 1889, ma Faenza lo adottò come cittadino e come scrittore: lì scomparve nel 1978, dopo aver esercitato nella vita la professione forense. Giunse alla letteratura attorno ai sessant’anni. C’era stato un segnale giovanile: nel 1929 aveva pubblicato i Fatti memorabili della banda del Passatore in terra di Romagna, storia del popolare brigante. Nel 1948 riprese quel mito manipolandolo in forma narrativa nel Fucile di Papa Della Genga, romanzo che ha come sfondo la Romagna pontificia in cui la banda del Passatore compie le proprie gesta. Uscito da Garzanti, il romanzo vinse a sorpresa nel 1949 il premio Bagutta Opera Prima e fu una rivelazione. La fortuna non era finita: nel 1951 pubblicò da Garzanti L’Osteria del Gatto parlante e l’anno dopo gli fu di nuovo assegnato il Bagutta, questa volta il premio principale. La sua vena narrativa non si spense: nel 1955 uscirono I bastardi e nel 1958 La casata dei gobbi, entrambi da Garzanti: romanzi nei quali si avverte bene l’abilità artigiana, lo stile della meraviglia popolare. La sua opera dimostra che fu un umanista fedele alle storie vissute, cantore di un’Italia illustre sul piano popolare e garibaldino. Usò uno stile nuovo e antico al contempo, legato al passato ma amante di una narrativa rapida e sobria, con un senso ironico e smaliziato della vita, fatto di malinconia e di nitidezza classica. Ciò non toglie che fu un grande romagnolo, come dimostra un importante episodio: pochi giorni prima di morire aveva scritto per il “Resto del Carlino” un articolo che uscì il 13 maggio 1978 col titolo Cara Romagna. Cosa aggiungere di più? Chi muore con la parola “Romagna” sulle labbra è certamente un buon romagnolo”.
L’edizione 2023 del Premio Serantini ha preso in considerazione tutte le opere pubblicate e regolarmente pervenute dal 2017 al 2021. Questo l’elenco: – Franca Fabbri, “Un mare di nebbia”, Il Ponte Vecchio, 2017 – Raffaello Fabbri, “Ondimar. Il canto del mare”, Edizioni Agatanew, 2017 – Gloriana Venturini, “Cinema Venturini”, L’Arcolaio, 2017 – Grazia Buscaglia, “Rosso come la neve”, L’Infernale Edizioni, 2018 – Fausta Garavini, “Tappeto tunisino”, La Nave di Teseo, 2018 – Massimo Previato, “Milano Marittima con Tonino e Canavin”, Raffaelli, 2018 – Gino Vignali, “La chiave del tutto”, Solferino 2018 – Marco Missiroli, “Fedeltà”, Einaudi 2019 – Marco Davide Cangini, “L’odore dello zolfo”, Oasistore, 2020 – Davide Buratti, “Inferno e paradiso”, Pegasus, 2021 – Paolo Cortesi, “Il giorno del giudizio”, Il Ponte Vecchio, 2021 – Eugenio Sideri, “Ernesto faceva le case”, Pendragon, 2021
Il giorno martedì 17 gennaio 2023 si è riunita a Cesena la Giuria del Premio letterario “Francesco Serantini” presieduta dal Tribuno Piero Meldini e alla presenza dei membri Paolo Morelli, Isabella e Viola Serantini. Dopo una breve discussione la Giuria assegna il premio, con voto unanime, a “Fedeltà” di Marco Missiroli con la seguente motivazione: “Per un romanzo apparentemente lineare, ma in realtà complesso e dalle molte sfaccettature, che affronta temi vecchi e nuovi con originalità e un’eccezionale economia di mezzi, puntando non su colpi di teatro ed espedienti romanzeschi, ma sulla profondità delle psicologie. Un romanzo che mostra una rara capacità di sintesi nel definire situazioni e caratteri e che si avvale di una scrittura asciutta, senza manierismi e compiacimenti letterari. Un’opera, infine, dove la topografia di Rimini è il controcanto sentimentale di quella di Milano”.
Per illustrarne a grandi linee la trama riportiamo alcune recensioni: Sette (settimanale del Corriere della Sera): “Si intitola Fedeltà, anche se in realtà racconta di sentimenti che vacillano, di desideri che rimangono sospesi. Di tradimenti” – Alberto Riva, Il Venerdì: “La fedeltà è un’àncora che ci permette di non essere travolti nella tempesta, ma è anche lo specchio in cui ci cerchiamo ogni giorno sperando di riconoscerci. Marco Missiroli lo racconta andando al cuore dei suoi personaggi: lui, lei, l’altra, e l’altro. Noi stessi. Preparatevi a leggere la vostra storia” – Isabella Fava, Donna Moderna: “Fedeltà è un romanzo costruito come una spirale di voci che comincia dove Atti osceni finiva. Là, all’apice di un’eroica educazione sentimentale, sorgeva una coppia. Qui una coppia esiste: Margherita e Carlo che sono giovani e devono sopravvivere alle piccole implosioni quotidiane”
Vincitrice del Premio Strega 2019, tradotta in 34 lingue, “Fedeltà” è un’opera capace di coinvolgere il lettore, così come ha coinvolto tutti i presenti a Villa Silvia quando il suo autore, Marco Missiroli, ha preso la parola: “Questo premio rappresenta per me una forma di sentirmi a casa. Mi sono trasferito 15 anni fa a Milano, ma la Romagna è per me è indimenticabile Volevo generare un libro che potesse esprimere una cosa che poi in realtà era un’altra: un libro che si intitola Fedeltà, ma parla della vita. Il mio lettore non sa mai cosa aspettarsi. Il titolo è al singolare o al plurale? Tutti pensano che sia al singolare, invece è al plurale, ma il bello della lingua italiana è l’ambiguità dei termini plurali nascosti”. Missiroli, quarantaduenne riminese, ha intrattenuto a lungo il pubblico di Villa Silvia raccontandosi e rispondendo alle numerose domande. La giornata si è conclusa col pranzo nella storica dimora e con la visita al museo degli strumenti musicali meccanici.